Sepolti in casa

Sepolti in casa

La disposofobia è un disturbo relativamente nuovo ma in crescente diffusione, specialmente nelle grandi città. È un disturbo ossessivo compulsivo caratterizzato dalla irrazionale paura di disfarsi delle cose. Chi ne soffre tende ad accumulare oggetti e avere difficoltà a buttarli anche se danneggiati, rotti o inutili, in quanto li percepisce come preziosi. Ecco perchè si parla di Sepolti in casa

Sepolti in casa, ecco come aiutarli correttamente!

Quando ci si trova ad avere un parente o un amico che soffre di questo disturbo, inizialmente, non si comprende quanto l’abbondanza di oggetti e disordine possa influenzare pesantemente la vita quotidiana della persona. Molti disposofobici si sentono sopraffatti dal caos che li circonda ma allo stesso tempo incapaci di liberarsene. Chi soffre di disposofobia ha bisogno non solo di un aiuto concreto nell’organizzare ed eliminare gli oggetti in eccesso, ma anche del supporto emotivo di chi gli sta vicino. È importante però rispettare anche i tempi e i modi dell’altra persona, evitando di imporre le proprie idee in maniera brusca. Può anche essere molto utile affidarsi a una ditta specializzata in sgomberi per accumulatori che, grazie a una preparazione specifica, possono dare una mano. Solo con l’aiuto e il sostegno di familiari e amici, attraverso un percorso graduale e controllato, chi soffre di disposofobia può iniziare a gestire questo disturbo e migliorare la propria qualità della vita.

Chi è il disposofobico?

Sepolti in casa

Le persone che soffrono di disposofobia, o accumulo compulsivo, tendono ad accumulare una quantità eccessiva di oggetti al punto tale da compromettere la loro vita quotidiana. Le case dei disposofobici sono spesso così piene di roba da risultare disordinate, ingombre e a volte pure pericolose. Il problema non è dunque la quantità in sé di oggetti posseduti, ma la tendenza irrazionale ad accumulare oltre ogni limite funzionale. I disposofobici faticano a disfarsi delle cose, anche di quelle rotte o inutilizzate, perché collegati a esse in modo eccessivo, quasi ad affezionarsi. Gli oggetti accumulati causano stress e isolamento sociale al disposofobico, che però è incapace di liberarsene. Dietro questo accumulo patologico si celano spesso traumi infantili, ansia, bassa autostima o carenza di relazioni significative. Capire il profilo psicologico di chi soffre di questo disturbo ossessivo-compulsivo è il primo passo per poter offrire un aiuto efficace.

Cause 

Il disturbo da accumulo ha spesso origini complesse e multifattoriali. Tra le possibili cause che possono portare allo sviluppo della disposofobia ci sono: 

  • Fattori genetici: alcuni studi indicano come la predisposizione genetica giochi un ruolo importante, soprattutto se in famiglia sono già presenti casi di altri disturbi ossessivi-compulsivi.
  • Eventi traumatici infantili: un lutto, una separazione precoce o altri traumi durante l’infanzia possono alimentare nel bambino la paura dell’abbandono e l’attaccamento morboso agli oggetti, evolvendosi in disposofobia.
  • Ansia e bassa autostima: le persone ansiose, insicure e con scarsa autostima tendono ad accumulare oggetti come forma di “compensazione”, per sopperire alla carenza di relazioni umane.
  • Perfezionismo: il desiderio di controllo tipico dei perfezionisti può portare all’accumulo di molte cose nel tentativo di avere tutto “sotto controllo”.
  • Depressione: il disturbo da accumulo spesso coesiste con la depressione, alimentandosi reciprocamente. La depressione può ridurre la motivazione al cambiamento.

In definitiva intervengono numerosi fattori, sia interni alla personalità del soggetto che esterni, che nel loro insieme possono portare allo sviluppo della disposofobia come disturbo ossessivo-compulsivo.

Sintomi

Sintomi

I sintomi principali del disturbo da accumulo sono: 
  • Difficoltà nel buttare gli oggetti: i disposofobici faticano enormemente a disfarsi delle cose, anche di quelle rotte, inutilizzate o fuori moda. Hanno un attaccamento irrazionale agli oggetti e paura di privarsene.
  • Caos e disordine: le case dei disposofobici tendono a essere sempre più piene e disordinate man mano che gli oggetti si accumulano, causando ingombro e restringendo gli spazi vivibili. 
  • Igiene carente: l’accumulo eccessivo di oggetti può peggiorare le condizioni igieniche, soprattutto se tra gli oggetti ci sono cibo e sporcizia.

Sepolti in casa? Una via d’uscita è possibile e il primo passo è rendersene conto! L’abitudine si può sconfiggere: basta un piccolo gesto!

  • Isolamento sociale: il disordine e l’imbarazzo causati dalla disposofobia tendono a ridurre le interazioni sociali e relazionali del soggetto.
  • Ansia e depressione: l’incapacità di gestire l’accumulo patologico di oggetti può causare ansia, stress, vergogna e depressione.
  • Difficoltà a concentrarsi: il caos e il disordine possono rendere difficile rimanere focalizzati sulle attività quotidiane.

In generale dunque i sintomi della disposofobia riguardano principalmente la tendenza patologica ad accumulare oggetti, con conseguenti ripercussioni pratiche, psicologiche e relazionali. Il riconoscimento precoce è fondamentale per intervenire tempestivamente.

Perché non riesce a buttare le cose l’accumulatore?

Perché non riesce a buttare le cose l'accumulatore?

Alla base della difficoltà dell’accumulatore seriale nel disfarsi degli oggetti ci sono due fattori principali: 
  1. Un forte attaccamento emotivo: i disposofobici hanno un legame quasi affettivo con le cose che raccolgono, anche se banali. Non le percepiscono come semplici oggetti materiali ma come qualcosa a cui sono emotivamente legati. Buttarle è come privarsi di una parte di sé. 
  2. Una paura patologica dell’abbandono: la tendenza ad accumulare oggetti nasconde spesso una paura irrazionale di rimanere “senza”. Buttare le cose, anche se in eccesso, viene vissuto come una perdita o un abbandono inaccettabile.

Nonostante gli oggetti abbondino, riuscire a disfarsene è estremamente difficile per l’accumulatore seriale. Dietro quel disordine si nasconde una fragilità psicologica, un attaccamento quasi ossessivo alle cose frutto di una paura profonda dell’abbandono e del vuoto. Ecco perché il cambiamento richiede non solo aiuto pratico nell’eliminare gli oggetti, ma anche supporto psicologico mirato a colmare le mancanze affettive che alimentano la disposofobia.

Come aiutare un disposofobico?

Come aiutare un disposofobico?

  • Avvicinati con tatto e comprensione. Spiega che vuoi aiutarlo ma rispetterai i suoi tempi e le sue sensibilità.
  • Offriti di aiutare a fare ordine gradualmente, un po’ per volta. Non travolgerlo con l’organizzazione dell’intera casa da subito.
  • Fai presente come il caos stia compromettendo la sua vita, a livello pratico e psicologico. Ma evita giudizi e critiche, sii un supporto. 
  • Accetta che buttare via le cose sarà doloroso per lui, ma necessario. Aiutalo a trovare un significato diverso da attribuire agli oggetti, meno materiale.
  • Cerca di comprendere le emozioni e i blocchi che si celano dietro l’accumulo, ascoltandolo con empatia. 
  • Incoraggialo a consultare uno psicoterapeuta, in modo delicato. Spiegagli che è un disturbo che può essere affrontato con successo.
  • Offrirgli il tuo aiuto anche dopo che ha intrapreso un percorso terapeutico, per continuare insieme il cambiamento. 
  • Stabilisci delle routine di pulizia e organizzazione che diventino abitudini nel tempo. Ricordargli i progressi fatti!

In generale, avvicinati a chi soffre di disposofobia con calma, comprensione e discrezione, fornendo un supporto che sia prima di tutto umano e psicologico, per aiutarlo ad affrontare le emozioni che si celano dietro il suo problema.

Soluzione

Soluzione

Soltanto un approccio combinato tra sgombero professionale e intervento psicologico può aiutare davvero chi soffre di accumulo patologico

Lo sgombero è necessario per: 
  • Rendere visibile il problema: vedere fisicamente quanti oggetti si è accumulati nel tempo può essere uno shock emotivo che spinge finalmente a cercare aiuto.
  • Fornire un nuovo inizio: liberare la casa da oggetti in eccesso crea uno spazio materiale e mentale per intraprendere un cambiamento.
  • Rimuovere “gli stimoli”: eliminare gli oggetti che alimentano il disturbo rende più facile evitare ricadute durante il percorso terapeutico.
  • Mettere ordine: la casa liberata dal caos fornisce un ambiente sano per ritrovare l’equilibrio psicologico.

Ma lo sgombero da solo non è sufficiente: è essenziale un supporto psicologico che insegni a gestire in modo diverso l’attaccamento agli oggetti e le emozioni che lo alimentano. Solo così si riuscirà a imparare a disfarsi delle cose in futuro e prevenire ricadute. Ecco perché uno sgombero professionale da parte di esperti, se abbinato a un percorso terapeutico, rappresenta il primo passo concreto per affrontare e risolvere il problema dei sepolti in casa! Una persona cara che offra anche il suo sostegno può fare la differenza nel percorso di guarigione.

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